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“Ci sono persone che ti camminano accanto per anni e a malapena conosci la loro storia. Ci accontentiamo di ombre, non di persone, pur di non restare soli. Poi, un giorno, uno sconosciuto ti stringe la mano e improvvisamente ti sembra di essere stata risucchiata dai suoi occhi. Come se lui ti avesse percepito davvero, come se con una semplice stretta di mano, avesse potuto sfiorare la tua anima”, è la sintesi del libro “L’impazienza di Penelope” di Giovanna Di Verniere presentato dalla Società Operaia Torquato Tasso a Sala Consilina.
In apertura il presidente Michele Calandriello ha sottolineato che anche questo evento rientra nel ciclo di appuntamenti “Sabato della Cultura 2018”, il vicesindaco Luigi Giordano si è detto orgoglioso di come il sodalizio promulghi incontri di spessore.
La giovane Simona Atzori: “L’autrice ha creato un gioco costruendo sul titolo una figura ossimorica con l’eroina classica Penelope – dice – e le contrappone una protagonista impaziente, non soltanto nella ricerca febbrile di un amore ideale, idealizzato, immaginato ma anche nella conquista personale”. Il docente Rino Mele ha tessuto parallelismi con la Penelope descritta da Omero nell’Odissea. “L’impazienza di Penelope” è la storia di Virginia, trent’anni, stilista in carriera con un progetto a New York, da quando si è trasferita dal suo paese di origine non è stata capace di lasciarsi andare finchè una sera rivede Riccardo Russo, attore di successo incontrato anni prima a Parigi e mai dimenticato. I due iniziano a vedersi e l’attrazione diventa sempre più profonda.
“Nei nostri tempi viviamo la fretta di divorare i rapporti e oggi nessuno sembra avere più pazienza – dice l’autrice nata a Salerno ma cresciuta in Basilicata, ha lavorato a Milano e ora vive in Inghilterra – si vive impazientemente ogni situazione e si è incapaci di aspettare in amore e in altro. Virginia non ha dimenticato Riccardo ma anche per paura lo ha evitato, in questo vi è la paura di ammettere determinati sentimenti e la paura di aspettare. A sei mesi dall’uscita del libro trovo che sia molto autobiografico”.
Antonella Citro