Regione Campania. Rimborsopoli, condannati in 56 dalla Corte dei Conti. Dovranno restituire oltre 1mln di euro.

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Oltre un milione di euro di danno erariale da risarcire alla Regione Campania: è quanto stabilito dalla Corte dei Conti della Campania che lo scorso 20 dicembre con quattro sentenze ha condannato quasi tutti i componenti del consiglio regionale dal 2010 al 2015,  per l’esattezza 56 componenti su 64, nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi “illeciti”. Le somme da restituire vanno dai 4 mila ai 21 mila euro e tra i nomi ci sono anche diversi rielletti nell’attuale legislatura regionale. Da destra e sinistra nessuno escluso dalla tagliola della corte dei conti. I nomi più importanti che figurano tra i condannati l’ex presidente Stefano Caldoro, la presidente del consiglio regionale Rosetta D’Amelio, il leader di Forza Italia Domenico De Siano, l’onorevole Umberto Del Basso De Caro, l’europarlamentare Pd Nicola Caputo, i leader del Pd campano Mario Casillo, Lello Topo, Antonio Marciano, Ermanno Russo e Alberico Gambino di Fratelli d’Italia. Tra i condannati a restituire la somma di 7.906 euro anche l’ex consigliere regionale valdianese Donato Pica. A finire nel mirino degli inquirenti i 30mila concessi in aggiunta allo stipendio nel solo 2011 per il “fondo dell’assistenza alle attività istituzionali” che dovevano servire per stipulare contratti di collaborazione o per acquisto di beni e servizi specifici ma che, invece, secondo la Guardia di Finanza sono stati utilizzati per tutt’altro scopo (pagamenti quote ai partiti di appartenenza, ristoranti, telefonini, auto, utenze di residenze private spacciate come “segreteria politica”).  Secondo gli inquirenti, il sostituto procuratore Ferruccio Capalbo e dal vice procuratore Pierpaolo Grasso, c’era una prassi consolidata, al punto che nel 2012 fu abrogata parte della legge “incriminata”, per cui i consiglieri hanno contenuto su un solo anno – il 2011 – l’assalto delle indagini. Per avere i rimborsi bastava l’autodichiarazione, fa niente se esistevano o meno i contratti di lavoro dei collaboratori. I legali difensori hanno già annunciato che presenteranno ricorso in appello per dimostrare l’inesistenza delle irregolarità rilevate dalla sentenza di primo grado.

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