In Italia bisogna allargare la caccia ai cinghiali che rappresentano il principale veicolo di diffusione della Peste suina africana (Psa).
A lanciare l’allarme è il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nella lettera al Commissario nazionale straordinario alla peste suina africana Angelo Ferrari nel chiedere l’integrazione nell’attuale Priu (il Piano di interventi urgenti) dell’attività venatoria nei confronti dei cinghiali “con l’utilizzo di cani da seguita, nel periodo dal primo ottobre 2022 al 31 gennaio 2023 nei territori soggetti a restrizione”.
Con oltre 2,3 milioni di animali che stringono d’assedio città e campagne da nord e sud dell’Italia.
Al momento sul territorio del Pncvda non si sono verificati casi ma ai teme però che la situazione possa interessare anche quest’area dato l’elevato numero di cinghiali che popolano i nostri boschi. Il problema dei cinghiali è sempre molto presente sul territorio del Pncvda, dalle aree montane a quelle costiere rappresentano un pericolo: devastano terreni coltivati e arrivano anche nei centri abitati, un rischio per automobilisti e pedoni. E ora emerge un’ulteriore preoccupazione legata alla peste suina africana.
Considerata la situazione di estrema emergenza per i danni e gli incidenti stradali provocati dalla fauna selvatica – dicono da Coldiretti – sono del tutto fuori luogo, vanno contro la realtà dei fatti e danneggiano il Paese, le proposte di abolizione della caccia avanzate per contingenti e strumentali interessi politici.
Ridurre numericamente la specie cinghiale significa – spiegano – rallentare la diffusione della PSA in quelle zone dove maggiore è la presenza di filiere agroindustriali legate agli allevamenti di maiali che garantiscono reddito, occupazione ed indotto all’Italia. A rischio – conclude Coldiretti – c’è un comparto che garantisce lavoro a circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi, buona parte del quale realizzato proprio sui mercati esteri.
La malattia non è trasmissibile agli esseri umani, si diffonde però facilmente e una eventuale epidemia comporterebbe – come si legge sul sito del ministero della sanità – pesanti ripercussioni sul patrimonio zootecnico suino, con danni sia per la salute animale che economici per il comparto produttivo suinicolo.