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Non credo che questo si possa definire populismo; di certo è che è ora che si cambi registro in tema di pensioni d’oro. Ecco perchè è auspicabile il giro di vite sulle pensioni d’oro e sui vitalizi così, come annunciato dal presidente del consiglio Giuseppe Conte nell’intervento di ieri al senato per la fiducia. I vitalizi riguardano soprattutto ex parlamentati e consiglieri regionali ai quali vanno sommati i trattamenti pensionistici di enti e organismi costituzionali come la Consulta, personale di Camera e Senato e Regione Sicilia. In totale una spesa che oscilla intorno a 1,5 miliardi di euro l’anno, secondo il rapporto annuale elaborato da Itinerari Previdenziali.
Circa la metà dell’importo riguarda proprio i dipendenti della regione Sicilia, quasi 17mila assegni per un importo complessivo di 626 milioni di euro e una pensione media di 37.320 euro l’anno. Mentre i vitalizi di deputati e senatori superano i 200 milioni di euro. Circa 130 milioni per i vitalizi diretti e di reversibilità ai deputati e e 62 milioni per i senatori. Importi ben inferiori alle pensioni erogate per il personale di Camera e Senato, oltre 400 milioni l’anno per 7.200 trattamenti pensionistici. La pensione media degli ex deputati supera i 73mila euro l’anno. 67mila per i senatori, oltre 56mila euro per il personale dei due rami del Parlamento.
I vitalizi dei giudici costituzionali mostrano gli importi maggiori con una media di 199mila euro l’anno ma si tratta di 22 trattamenti ai quali sommare i 12 di reversibilità con un importo medio di 81mila euro l’anno. Per i vitalizi regionali, i trattamenti in essere sono poco più di 3.500 per una spesa di circa 160 milioni di euro. Al primo posto la Sardegna con una spesa di oltre 17 milioni l’anno, seguita dalla Puglia con 15 milioni e l’importo medio più elevato, ogni vitalizio di ex consiglieri stacca un assegno da 77mila euro l’anno. Al Sud gli importi medi più elevati, 59mila euro in Sicilia (stessa cifra per il Lazio), 57mila in sardegna e 55mila in Calabria. Fanalino di coda la Toscana con appena 28.900 euro l’anno, 31mila in Emilia Romagna e Abruzzo.
A questi numeri, è chiaro, che occorre rifarsi anche a quanto percepisce ad esempio un commerciante, che al sud, dopo aver lavorato fino alla soglia dei settant’anni, versando contributi che ogni anno lo hanno letteralmente svenato, ora percepisce una pensione di 530 euro al mese. Paradosso assoluto, e non me ne vogliano gli italiani all’estero che di certo meritano attenzione e rispetto, oggi si trovano nella condizione di non aver versato neppure un euro di contribuzione pensionistica in Italia, eppure il loro assegno mensile di pensione sociale, è di poco superiore ai 630 euro al mese. Più che evidente che qualcosa non funziona. Dunque è davvero ora che gli annunci di una nuova politica, chiamatela pure “populista”, si davvero una politica del “cambiamento”, a quel punto tutti noi saremmo ben lieti di sottolinearne l’efficacia. Intanto rimaniamo fiduciosi ed in attesa.
Editoriale di Lorenzo PELUSO