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Dal Rapporto sul valore aggiunto e sull’occupazione stilato dall’Osservatorio Banche & Imprese emerge un quadro impietoso per il Sud. Nel triennio 2017-2020 infatti il divario economico tra il Mezzogiorno e il resto d’Italia è destinato a rimanere immutato nel migliore dei casi. Da qui al 2020 al Sud il Pil crescerà a ritmi dell’1% annuo, positivo se considerato in assoluto ma non incoraggiante se si pensa che la media nazionale si attesterà intorno all’1,5% quindi la crescita prevista per il Sud è del 40% più bassa rispetto a quella ipotizzata per il resto del Paese. Per quel che riguarda i livelli occupazionali, nel Mezzogiorno i posti di lavoro dovrebbero incrementarsi di mezzo punto percentuale mentre nel resto del Paese, dove industria, edilizia e servizi crescono in modo più equilibrato, l’incremento dovrebbe essere dell’1,5%. Segnali di ripresa tuttavia esistono e arrivano soprattutto dai settori del TAC 3.0 rappresentati da turismo, agroalimentare e cultura: il settore agricolo, in particolare, sembra destinato a fare da traino all’economia di Basilicata e Calabria, oltre che del nord della Campania. La Sardegna dovrebbe essere la Regione più dinamica tra quelle meridionali mentre non recupereranno i ritmi di crescita pre-crisi nemmeno entro il 2020 alcune zone interne della Campania. Inutile dire che senza politiche adeguate la spirale regressiva impedirà alle regioni del Sud di avvicinarsi ai tassi di crescita previsti al Nord e al Centro. Positiva, secondo Antonio Corvino Direttore Generale dell’Osservatorio, è la nascita dell’Agenzia per la coesione, che dovrebbe affiancare l’azione dei fondi strutturali europei, così come il Masterplan, con i suoi patti per lo sviluppo del Mezzogiorno, e il piano nazionale della logistica annunciato dal ministero delle Infrastrutture, ma queste novità vanno coordinate e orientate attraverso un piano strutturato di politica industriale.