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Un incubo, quello dei cinghiali, che tocca il lavoro degli agricoltori e la sicurezza dei cittadini. Lo si sa bene da queste parti. I comprensori del Vallo di Diano, Cilento e Alburni sono messi in ginocchio da quella che si presenta come un’emergenza su cui intervenire con misure serie.
Ieri mattina, presso Palazzo Mainenti, a Vallo della Lucania, si è tenuto il consiglio monotematico del PNCVDA per affrontare la questione.
Come anticipato dal presidente Tommaso Pellegrino in occasione della Conferenza dei Sindaci del Vallo di Diano che si è tenuta a Padula giovedì sera, l’Ente ha intenzione di chiedere lo “stato di emergenza nazionale”. L’unica strada per poter adottare misure speciali, come la deroga alle norme sulla caccia. Un vincolo che interessa poco l’Area protetta considerato l’alto numero di abbattimenti: 2223 quelli effettuati in un anno dagli attuali 303 selecontrollori che operano dal 1° gennaio al 31 dicembre. Cosa che non succede nelle aree contigue, dove si può cacciare solo in determinati periodi. Ed è da qui che parte il problema. Con il riconoscimento dello stato di emergenza anche la Regione può muoversi in deroga alle norme sulla caccia nelle zone di sua competenza.
Il Parco finora ha adottato una serie di misure che però, è sotto gli occhi di tutti, si sono rivelate solo palliativi. Il problema non è stato risolto. E non è risolvibile a livello locale. Tale evidenza ha portato la stessa Conferenza dei Sindaci, govedì sera da Padula, ad appoggiare la proposta del Parco di chiedere al governo, per il tramite del ministro Sergio Costa, il riconoscimento dello stato di emergenza nazionale. A quel punto il passaggio successivo sarà di sollecitare la Regione sia a organizzare il selecontrollo tutto l’anno anche nelle aree di sua competenza sia a risarcire se un danno viene causato in una zona contigua al Parco, che al momento è l’unico Ente a riconoscere indennizzi per incidenti e danneggiamenti.
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Rosa ROMANO
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