Nel trentennale dalla strage di Via D’Amelio, a pochi giorni dalla serata del Festival delle Colline Mediterranee nel corso del quale le figure dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, sono stati il punto di raccordo e di riflessione tra i vari protagonisti, Michele Albanese, direttore generale della Banca Monte Pruno da sempre impegnata sui temi della legalità e della diffusione dei sani valori umani, riflette su quanto accaduto in passato, in particolare sulle stragi e sul sacrificio umano dei giudici Falcone e Borsellino.
Due giudici che, a parere di Albanese, devono essere i pilastri su cui fondare l’educazione alla legalità, quali esempi di cultura, amore e, appunto, legalità. In un lungo scritto che Albanese intitola “Senza memoria non c’è futuro”, si parte dal racconto che il direttore de L’Espresso Lirio Abbate, ha rappresentato sulla strage di Capaci, cercando di spiegare cosa i suoi occhi videro all’arrivo sul posto. Una racconto che ha portato Albanese a contrapporre, alla brutalità dell’essere umano, l’immenso patrimoni lasciato da Falcone e Borsellino con il loro sacrificio. Il direttore della Banca Monte Pruno si chiede come sarebbe il nostro oggi senza l’impegno dei due giudici contro la mafia, concentrandosi sui punti fermi che hanno caratterizzato la vita di Falcone e Borsellino ossia cultura e amore che ben si legano all’educazione alla legalità.
“Sono fermamente convinto – spiega Albanese – che la cultura è stata ed è la base per combattere le mafie e per far capire che esiste la bellezza della vita che si oppone alla barbaria criminalità. E questo Falcone e Borsellino lo hanno dimostrato con il loro esempio, con l’amore per la libertà, per la giustizia, l’amore per la loro terra, e per i giovani verso i quali sentivano il dovere di costruire una società più giusta”. Per Michele Albanese si tratta di una eredità pesante anche perché si inserisce nel nostro lavoro quotidiano spiegando che, onorare Falcone e Borsellino significa onorare i lavoro che svolgiamo così come i due giudici hanno onorato il loro lavoro applicandosi con dedizione ed oltre ogni ostacolo e paura alla lotta alla mafia.
“Troppo spesso, oggi, non vi è più amore per quello che si fa, – scrive il direttore – non si riesce ad apprezzare adeguatamente un impiego, non si capisce pienamente quanto esso sia importante e quanto vada preservato, conservato e curato, aggiungendo, ogni giorno, quel qualcosa in più per se stessi e per le persone per cui si lavora. Il lavoro è un diritto,- sottolinea – ma è un dovere onorarlo, avendone rispetto”. Tornando a questi 30 anni trascorsi e ai cambiamenti che si sono avuti dopo le stragi, Albanese ricorda come oggi la mafia si è evoluta abbandonando la via del rumore optando per l’azione silente utilizzando tecniche di occultamento sempre più sofisticate in particolare in ambito informatico e finanziario, riportando nella riflessione le parole di Peppino Impastato “Se la mafia uccide, il silenzio lo fa ancora di più”.
Ecco perché, a parere di Albanese, è necessario che i giovani vengano educati alla legalità per renderli protagonisti del cambiamento e non spettatori passivi. Per Michele Albanese insegnamenti sui temi della legalità vanno trasmessi soprattutto oggi che si sta vivendo una società povera di valori. “Queste riflessioni su amore, lavoro, cultura, memoria ed educazione alla legalità – dichiara in conclusione – sono collegate alla storia della Banca, ovviamente con le dovute e necessarie proporzioni rispetto ai due eroi della legalità. E la memoria e, quindi, la storia della nostra Bcc, avranno sempre un senso particolare, perché sono la spinta per costruire, ogni giorno, qualcosa di più bello ed ambizioso”.