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Il Procuratore Capo della Repubblica di Lagonegro Vittorio Russo presenta richiesta DI Rinvio a Giudizio per 2 medici e 4 infermieri dell’Ospedale Luigi Curto di polla accusati di omicidio colposo in concorso per la morte di Vito Laveglia, 45enne di Sanza precipitato da una portafinestra mentre era ricoverato nel nosocomio pollese. Come riportato dal sito di informazione web Quasimezzogiorno.it, dopo una complessa indagine durata circa 2 anni e la raccolta di prove, racchiusa in ben 25 fascicoli conteneti anche diverse relazioni dei consulenti tecnici. Da quanto accertato, il 45enne Laveglia, ricoverato nel reparto di otorinolaringoiatria dell’Ospedale Curto la sera del 21 marzo 2012 per epistassi, già dalla sera successiva, il 22 marzo, aveva manifestato la volontà di uscire immediatamente dall’Ospedale, mostrando agitazione e stato confusionale. Nella notte tra il 23 ed il 24 marzo, l’uomo, versando nuovamente in stato confusionale ed allucinatorio e volendo uscire dal nosocomio, si allontanò dal reparto, posto al secondo piano, eludendo l’inadeguata sorveglianza, così scrive il Procuratore Russo, scavalcò la ringhiera del balcone posto sul pianerottolo tra il secondo ed il primo piano a sei metri circa d’altezza dal suolo, senza avvedersi dell’altezza a causa dello stato allucinatorio e del buio, precipitando. Nell’impatto il 43enne riportò gravissime lesioni che ne determinarono il decesso. Secondo l’accusa lo stato allucinatorio e confusionale del paziente, manifestato con chiarezza nei giorni e nelle ore precedenti al decesso, non fu adeguatamente e tempestivamente approfondito sotto il profilo diagnostico e terapeutico da parte degli infermieri e dei medici che entrarono in contatto con lo stesso paziente. Nel dettaglio, come riferito da Quasimezzogiorno.it due infermiere, pur avendo costatato lo stato di agitazione e confusione del paziente, per negligenza, imprudenza ed imperizia, scrive il PM Russo, non richiesero l’intervenendo del medico di guardia. Il medico che visitò il paziente, pur cosciente dello stato di agitazione e confusione del 43enne, non attivò nessun accertamento specifico. Mentre il medico di guardia interdivisionale, allertato dagli infermieri, si limitò alla prescrizione un farmaco antipsicotico. Infine due infermieri, coscienti dello stato in cui versava il Laveglia, dopo averne bloccato inizialmente il tentativo di fuga, riducevano la sorveglianza consentendo così al paziente di eludere il controllo e di allontanarsi andando così a precipitare dal balcone posto tra il primo ed il secondo piano. Vito Laveglia era sposato e padre di due bambine. “Siamo fiduciosi nell’operato della giustizia – fanno sapere dalla famiglia – vogliamo solo la verità su ciò che è accaduto quella maledetta notte”.